Si rafforza la presenza delle donne tra i commercialisti italiani. Dal 31,1% del 2012 si è passati al 34% del 2024, con una crescita costante ancora più significativa tra i giovani. Alla riduzione del divario tra donne e uomini negli iscritti all'Albo si associa anche un'analoga riduzione del divario reddituale (42,9% nel 2024, rispetto al 46,3% del 2008). Sono alcuni dei dati che emergono da un sondaggio somministrato a un campione di oltre 3.600 commercialisti, realizzato dal Comitato nazionale pari opportunità dei commercialisti assieme alla Fondazione nazionale della categoria, i cui risultati sono confluiti nel Bilancio di genere della professione presentato a Roma il 25 novembre 2025
Nel corso del convegno “Le barriere invisibili”, svoltosi a Roma in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il CNDCEC ha presentato i risultati di un sondaggio e il bilancio di genere della professione di commercialista:
- si rafforza la presenza delle donne (dal 31,1% del 2012 al 34% del 2024);
- si riduce il divario reddituale che passa dal 46,3% del 2008 al 42,9% del 2024.
Il presidente del CNDCEC Elbano de Nuccio ha sottolineato come “il Consiglio nazionale in tutte le sue attività ha portato avanti un’azione mirata e attenta alla tutela della parità di genere” e che “quella dei commercialisti, nell’ambito delle professioni economico giuridiche, è la professione con il maggior numero di donne coinvolte negli organismi di categoria”.
“Una sfida importante - ha detto - è stata lanciata anche con la modifica del nostro ordinamento professionale, che non si limita alla sola parità di genere, ma include anche quella generazionale”. “Il nostro è un Paese - ha proseguito - che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, ma ne deve fare ancora altri, anche in ambito professionale, a cominciare dal gender pay gap che è uno degli aspetti fondamentali su cui lavorare per colmare le distanze esistenti tra uomo e donna. Noi commercialisti dobbiamo essere un modello nella proposizione di norme che trovino attuazione nel sistema normativo nazionale”.
“Oggi abbiamo un’opportunità in più. Negli scorsi giorni sono stato eletto alla guida dell’associazione “Professionisti insieme”, che rappresenta ormai il 60% dei liberi professionisti italiani. Quello che chiedo al nostro CPO nazionale e che chiederò di fare anche ai CPO nazionali degli altri ordini facenti parte dell’Associazione, è di fare massa critica, affinché si arrivi al cospetto del legislatore con delle proposte unitarie. Più siamo uniti, più siamo forti e, con i numeri dell’Associazione, possiamo fare la differenza ed essere ascoltati e le nostre proposte possono trovare concreta attuazione”.
Per Rosa D’Angiolella, consigliera nazionale co-delegata alle politiche giovanili e di genere e presidente del CNPO, “il nostro Consiglio Nazionale deve continuare ad impegnarsi per l’attuazione di una professione più giusta”. “Anche sulla base di quanto emerso dal sondaggio il CNPO formula alcune proposte di intervento finalizzate a ridurre il gender pay gap e migliorare la conciliazione vita-lavoro. È innanzitutto importante la formazione in materia di pari opportunità, ma determinanti sono anche politiche di sostegno per la genitorialità e il caregiving in sinergia con le Casse di previdenza. Occorre puntare, inoltre, su una formazione specialistica che aiuti le professioniste donne nel proprio percorso di carriera professionale. È importante, infine, promuovere iniziative volte al miglioramento del bilanciamento vita privata - lavoro e contrastare lo stress da lavoro che caratterizza, in generale, la professione di commercialista”.
Penalità di maternità
Uno dei dati più significativi messi in luce dal questionario è riferito alla "penalità di maternità", un concetto elaborato nell'ambito degli studi sulle politiche di genere per descrivere lo svantaggio professionale ed economico che le donne possono subire quando hanno un figlio.
Per il 43,5% del campione, la nascita di un figlio ha avuto riflessi negativi sull'attività professionale, dato che sale al 68,8% per le donne madri contro il 31,2% degli uomini. In particolare, il 13,2% segnala una diminuzione del reddito professionale (16,8% per le donne madri), il 12,6% una crescita rallentata (13,7% per le donne madri), l'8,1% afferma che la propria carriera ha subito un arresto (15,1% per le donne contro l'1,5% per gli uomini) e il 9,6% ha dovuto rinunciare a incarichi importanti (15,5% per le donne contro 3,9% per gli uomini).
Care penality
Altro dato importante riguarda la “care penality”, vale a dire la perdita di reddito e opportunità lavorative che colpisce le donne normalmente più impegnate degli uomini nella cura e nell'assistenza dei propri familiari. I risultati dell'indagine indicano anche in questo caso la presenza di una penalizzazione per le donne. Dal questionario emerge che il 60,7% delle donne si occupa direttamente dell'assistenza ai propri familiari contro il 39,3% degli uomini e che quasi il 70% delle donne dedica più di 5 ore al giorno all'assistenza dei propri familiari contro il 15% circa degli uomini. I dati indicano anche che, nel caso in cui sia il partner ad occuparsi dell'assistenza familiare, nel 28,4% dei casi è la donna contro il 6,5% di uomini.
Conciliazione vita-lavoro
Il 54,2% del campione sostiene che il bilanciamento vita privata-lavoro non sia adeguato, mentre solo il 16,3% risponde positivamente. Le donne presentano una percentuale leggermente più alta di risposte negative (59,4%).
Il 55,5% del campione dichiara di dedicare più di otto ore al giorno alla professione, il 15,7% addirittura più di dieci, mentre le donne che dedicano alla professione meno di otto ore al giorno sono il 47,5% contro il 41,6% degli uomini.

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