
Quando la tecnologia smette di essere una minaccia e diventa un alleato strategico: analisi, dati e prospettive per la professione al Congresso Nazionale CNDCEC, “Concretizzare il cambiamento: esperienze, innovazioni, risultati”, a Genova dal 22 al 24 ottobre 2025. I dati presentati al Congresso restituiscono l'immagine di una categoria professionale nel pieno di un bivio strategico. Il report globale "Future Ready Accountant 2025" di Wolters Kluwer ha documentato un'impennata senza precedenti: l'adozione dell'intelligenza artificiale tra i professionisti contabili è letteralmente esplosa, passando dal 9% del 2024 al 41% nel 2025. Ma il dato più significativo riguarda le intenzioni di investimento: il 61% dei commercialisti italiani prevede di aumentare la spesa in tecnologie AI nei prossimi tre anni
Il panorama professionale dei commercialisti italiani sta attraversando la più significativa trasformazione della sua storia recente. Al Congresso Nazionale dei Commercialisti di Genova di ottobre 2025, emerge un dato su tutti: l'intelligenza artificiale non rappresenta più un'ipotesi teorica, bensì una realtà che sta già ridefinendo i confini, le competenze e il valore stesso della professione contabile.
I numeri di una rivoluzione in corso
I dati presentati al Congresso restituiscono l'immagine di una categoria professionale nel pieno di un bivio strategico. Il report globale "Future Ready Accountant 2025" di Wolters Kluwer ha documentato un'impennata senza precedenti: l'adozione dell'intelligenza artificiale tra i professionisti contabili è letteralmente esplosa, passando dal 9% del 2024 al 41% nel 2025. Un incremento del 355% in un solo anno, che testimonia come la fase della sperimentazione sia ormai conclusa, lasciando spazio all'integrazione operativa.
Ma il dato più significativo riguarda le intenzioni di investimento: il 61% dei commercialisti italiani prevede di aumentare la spesa in tecnologie AI nei prossimi tre anni. Questo posiziona l'Italia al terzo posto in Europa per adozione totale del cloud, con il 34% degli studi professionali che opera già in modalità completamente digitalizzata. Parallelamente, il 92% delle aziende sta incrementando attivamente gli investimenti in questo settore, creando un ecosistema dove l'integrazione tecnologica non è più un'opzione ma una necessità competitiva.
Automazione e valore aggiunto: parliamo di efficienza
L'impatto più immediato dell'AI sulla professione contabile si manifesta nell'automazione delle attività ripetitive. Soluzioni software leader come quelle proposte da Wolters Kluwer sfruttano il Machine Learning per analizzare le fatture elettroniche in formato XML, estrarre informazioni chiave e suggerire registrazioni contabili con un'accuratezza che può raggiungere il 90%. La fatturazione elettronica obbligatoria, lungi dall'essere un mero adempimento normativo, ha agito da catalizzatore creando un vasto archivio di dati strutturati ideale per l'addestramento di algoritmi intelligenti.
Ma qui emerge il primo paradosso: l'automazione libera tempo, ma sta ai professionisti decidere come reinvestirlo. Le proiezioni più ottimistiche indicano che i commercialisti capaci di integrare efficacemente l'IA potrebbero assistere a un aumento dei ricavi compreso tra il 30% e il 50% entro il 2029. Come? Trasformando il tempo risparmiato in servizi di consulenza strategica avanzata: analisi predittiva dei flussi di cassa, pianificazione fiscale proattiva, supporto alla prevenzione della crisi d'impresa secondo i nuovi obblighi normativi.
Il divario competitivo
I dati rivelano, però, anche un fenomeno preoccupante: la polarizzazione digitale.
Mentre gli studi con oltre 20 collaboratori mostrano tassi di adozione dell'AI superiori al 50%, le realtà più piccole (con meno di 5 addetti) si fermano a un esiguo 12%. Questo divario sta creando un solco competitivo che rischia di marginalizzare progressivamente chi rimane ancorato a modelli tradizionali.
Le barriere non sono solo economiche, infatti secondo un'indagine citata durante il Congresso, il 79% degli studi professionali incontra difficoltà nel reperire personale con le qualifiche digitali necessarie. L'AI literacy - la capacità di comprendere, valutare e utilizzare criticamente gli strumenti di intelligenza artificiale - si sta affermando come la competenza discriminante del prossimo decennio. A questo si aggiunge la necessità di padroneggiare il "prompt engineering", l'analisi interpretativa dei dati e, paradossalmente, il rafforzamento delle soft skills: pensiero critico, intelligenza emotiva, creatività negoziale.
La governance normativa: dalla legge n. 132/2025 alla clausola contrattuale
La legge n. 132/2025 ha stabilito un principio fondamentale, secondo il quale l'AI deve svolgere un ruolo puramente strumentale, con la responsabilità della decisione finale che rimane prerogativa esclusiva del professionista umano.
Non si tratta di una limitazione, ma di una salvaguardia del valore insostituibile del giudizio esperto.
In questo contesto, il CNDCEC ha pubblicato (9 ottobre 2025) un modello di clausola contrattuale tipo da inserire nei mandati professionali per informare i clienti sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale. Un documento operativo presentato proprio in occasione del Congresso di Genova che rappresenta un ulteriore tassello del percorso di regolamentazione della professione nell'era digitale. La trasparenza diventa così non solo un obbligo deontologico, ma un elemento distintivo di posizionamento professionale.
Impatto sul mercato del lavoro: rischi reali e opportunità concrete
Sul fronte occupazionale, il quadro è complesso.
L'INAPP prevede un calo dell'8% per gli "Impiegati addetti alla gestione economica, contabile e finanziaria" entro il 2027, mentre stime più ampie indicano che fino a 6 milioni di posti di lavoro in Italia potrebbero essere a rischio di sostituzione entro il 2035. Dati che, presi isolatamente, alimentano legittime preoccupazioni.
L'equazione, tuttavia, è più articolata. L'EY Italy AI Barometer 2025 ha rilevato che il 77% dei lavoratori italiani ha già avuto almeno un'esperienza diretta con strumenti di AI e l'adozione di queste tecnologie nei servizi professionali potrebbe contribuire all'economia italiana con un valore aggiunto fino a 38 miliardi di euro entro il 2035, pari a circa l'1,8% del PIL. Il World Economic Forum stima che se da un lato l'AI sostituirà circa 85 milioni di posti di lavoro globalmente, ne creerà contemporaneamente 97 milioni di nuovi, prevalentemente in ambiti ad alta specializzazione tecnologica.
La risposta strategica si può sintetizzare in un concetto: "consulenza aumentata".
Il commercialista del futuro non sarà né un elaboratore di dati né un programmatore di software, ma un interprete di insight, un architetto di soluzioni complesse, un partner strategico indispensabile per la competitività delle imprese. In questo modello, l'AI diventa un "collega digitale" che si occupa delle routine algoritmiche mentre il professionista umano si concentra su ciò che le macchine non possono replicare: la comprensione del contesto imprenditoriale, la capacità di cogliere sfumature nelle relazioni interpersonali, l'etica della decisione in situazioni di incertezza, la costruzione di rapporti fiduciari di lungo termine con i clienti.
Le raccomandazioni strategiche per la categoria
Dal dibattito congressuale sono emerse tre direttrici strategiche fondamentali:
1. Investire nell'apprendimento continuo - La Fondazione Nazionale di Ricerca dei Commercialisti (FNC), insieme a provider come IPSOA, sta moltiplicando l'offerta formativa su AI literacy, data analytics e competenze digitali avanzate. Il lifelong learning non è più un orpello professionale, ma la condizione stessa della sopravvivenza competitiva;
2. Adottare tecnologia in modo strategico e graduale - Partire da un'analisi della maturità digitale dello studio, proseguire con progetti pilota su aree specifiche per misurare il ROI, e solo successivamente procedere a un'adozione su larga scala. Il CNDCEC ha già pubblicato la "Guida Operativa di Intelligenza Artificiale" per demistificare la tecnologia e fornire esempi pratici di implementazione;
3. Ridisegnare i modelli di servizio e di pricing - L'efficienza guadagnata con l'automazione deve essere capitalizzata sviluppando e prezzando correttamente nuovi servizi di consulenza strategica. Il valore del professionista si sposta dalla quantità di ore lavorate alla qualità degli insight forniti.
Il titolo del mio intervento al Congresso - "Dal timore alla governance" - racchiude perfettamente il messaggio di queste giornate di confronto: l'intelligenza artificiale non sostituirà il commercialista, ma i commercialisti che sapranno utilizzarla efficacemente sostituiranno quelli che non lo faranno.
Non si tratta più di chiedersi "se" l'AI avrà un impatto, ma "come" governare attivamente questa transizione per trasformare una minaccia potenziale in una straordinaria opportunità di crescita.
I dati sono eloquenti: con il 41% di adozione attuale e il 61% di intenzione di investimento, la professione contabile italiana sta già scrivendo il suo futuro digitale. La vera domanda non è tecnologica, ma culturale: siamo pronti a ridefinire la nostra identità professionale passando dalla compliance alla consulenza, dall'elaborazione all'interpretazione, dalla routine alla strategia?
La risposta deve necessariamente essere un convinto "sì" e questo fa ben sperare per il ruolo centrale che i commercialisti continueranno a svolgere nel tessuto economico italiano, nonostante l'intelligenza artificiale, anzi proprio grazie ad essa.

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