Matteo De Lise - Presidente UNGDCEC
La crisi d’impresa deve essere un monito. L’ultima riforma, la terza in pochi anni, rende essenziale il sapere, la capacità di analisi, le competenze dei dottori commercialisti.
L’imprenditore viene, di fatto, obbligato ad avere una struttura dettagliata e funzionale alla sua attività; diventa così centrale il ruolo del dottore commercialista, unica figura in grado di
leggere i “numeri” dell’azienda e con competenze a 360 gradi per affrontare un eventuale momento di difficoltà. La composizione negoziata della crisi e gli adeguati assetti organizzativi sono poi
spunti ulteriori per adottare una nuova cultura d’impresa, che il professionista deve essere in grado di diffondere presso i propri clienti.
Il nostro presente è fatto di pandemia, guerra, inflazione. Il nostro futuro potrà, dovrà essere migliore. Ma per costruirlo serve il
contributo di tutti. Soprattutto dei giovani.
Ci chiediamo perché, in una campagna elettorale che ha spaccato il paese, sui temi fiscali abbiano parlato tutti eccetto i professionisti. Perché non si trova il coraggio di occupare gli spazi
della politica con idee e contenuti? Perché non si parla abbastanza di futuro? L’associazione ha provato a mantenere alta l’attenzione, ad agosto si è discusso a lungo dei 205 adempimenti
fiscali, ma sono rimaste chiacchiere. Adesso vogliamo fatti concreti.
A Roma, nel corso del Convegno Nazionale 2022, parliamo di crisi d’impresa, e lo facciamo nel modo che ci contraddistingue, con approfondimenti scientifici e stimolando il
dibattito tra i massimi esperti della materia. L’Unione si presenta all’appuntamento con cinque pubblicazioni editoriali di approfondimento sul tema della riforma, 15 workshop, tavole rotonde,
oltre 60 relatori scelti tra professionisti, accademici, magistrati ed esperti della materia.
Il ruolo del commercialista nella gestione della crisi d’impresa
La crisi d’impresa deve essere un monito. Siamo alla terza riforma in pochi anni, forse quella definitiva, che renderà essenziale il sapere, la capacità di
analisi, le competenze dei dottori commercialisti. Una riforma che recepisce le indicazioni dell’Unione Europea nell’accentuare la necessità di avere contezza rispetto all’andamento economico
dell’impresa.
Con l’ultima riforma l’imprenditore viene, di fatto, obbligato ad avere una struttura dettagliata e funzionale alla sua attività; diventa così centrale il ruolo del
dottore commercialista, unica figura in grado di leggere i “numeri” dell’azienda e con competenze a 360 gradi per affrontare un eventuale momento di difficoltà. Occorre ricordare che
gran parte dei debiti delle imprese sono di natura fiscale. Ecco perché la mia convinzione è che, se la categoria saprà cogliere le opportunità della riforma, il ruolo del dottore commercialista
potrà tornare centrale nello scenario economico italiano.
Avremo, con questa riforma, la possibilità di riposizionare il ruolo dell’organo di controllo e la sua efficacia. Potremo farlo andando a evidenziarne i numeri e non parlandone solo in merito
alle responsabilità successive. Sono certo che dimostrandone il valore riusciremo finalmente a renderlo profittevole per tutti noi sindaci o revisori. La composizione negoziata
è una scommessa che dobbiamo vincere, dobbiamo spingere e credere in un istituto che serve a tenere la crisi aziendale lontana dalle aule dei tribunali, così da rendere ancora più centrale il
ruolo del professionista.
Una nuova cultura d’impresa da diffondere
L’attenzione posta sull’importanza degli adeguati assetti organizzativi deve essere un ulteriore spunto per adottare una nuova cultura d’impresa, che il
professionista deve essere in grado di diffondere presso i propri clienti.
Questa riforma rappresenta una opportunità per la categoria e per i giovani, ma questo specifico tema deve essere per noi anche un monito: lo scippo di
competenze subito in passato deve ricordarci cosa può succedere a non essere uniti, attenti e a non saper far pesare il nostro ruolo alla politica.
Riforma del fisco: un obiettivo da realizzare
Ci sarà poi da confrontarsi con la politica. Il vecchio Parlamento non ha chiuso la delega fiscale, che potrebbe e dovrebbe essere ripresa: ci aspettiamo che venga fatto
interpellando i dottori commercialisti. La partita oggi è soprattutto di carattere economico e il Governo deve avere la lungimiranza di confrontarsi con chi ne capisce di economia. L’obiettivo è
triplice:
- migliorare la competitività delle aziende;
- recuperare la capacità di spesa delle famiglie;
- lavorare a fondo sulla riscossione, che in Italia fa acqua dappertutto.
C’è bisogno di una riforma del fisco che tenga conto della necessità di puntare sulle specializzazioni e sulle aggregazioni tra professionisti,
da promuovere con una politica fiscale che le premi.
Il Consiglio Nazionale che si è insediato da pochi mesi ha come obiettivo quello di arrivare alle specializzazioni, anche attraverso l'inserimento in master universitari e con un collegamento a
competenze esclusive. Il binomio specializzazioni-aggregazioni, a mio parere, è centrale: solo in questo modo è possibile garantire agli studi i flussi di cassa che derivano
dalle attività ordinarie, su "abbonamento" e dalla consulenza.
Per le imprese chiediamo lo smaltimento degli adempimenti degli invii, oggi troppo numerosi, e la riduzione del cuneo fiscale: con costi così alti sarà difficile
rimettersi a regime.
Le difficoltà delle PMI sono sempre maggiori, i costi fissi sono diventati molto più alti e allo stesso tempo si è persa capacità di vendita a causa dell’inflazione. Pandemia, guerra, infine
inflazione sono aspetti drammatici per la vita di un’impresa, che forse chi non vive direttamente fatica a mettere a fuoco. E poi arriva il fisco, verso il quale le imprese hanno un debito
irrecuperabile. Per questo chiediamo una riorganizzazione di tutte le imposte, convinti che molte siano superflue o ripetitive, e un nuovo calendario fiscale.
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