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Il (quasi) obbligo vaccinale, lo smart working e le novità in materia di accesso ai luoghi di lavoro

Daniele Virgillito - Dottore commercialista, Dottore di Ricerca in economia aziendale e Rappresentante di Confprofessioni Sicilia

 

Dal 15 febbraio tutti i lavoratori over 50, indipendentemente dal settore in cui operano e dalla tipologia di attività che svolgono, dovranno possedere il super green pass per accedere al proprio luogo di lavoro. E’ quanto previsto dal decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 5 gennaio 2021, che introduce il nuovo obbligo vaccinale per chi ha compiuto i 50 anni di età. I lavoratori privi di green pass rafforzato potranno essere sospesi senza retribuzione ed anche sostituiti. La sanzione amministrativa per le violazioni è compresa tra i 600 e i 1.500 euro. Nel provvedimento nessun articolo è dedicato allo smart working: il lavoro agile viene però caldamente incoraggiato dalla circolare 5 gennaio del Ministero del Lavoro e della Pubblica amministrazione.

 

Il nuovo provvedimento varato dall’Esecutivo, durante il Consiglio dei Ministri del 5 gennaio 2021, il quinto dall’inizio di dicembre, introduce a decorrere della pubblicazione in G.U. e fino al 15 giugno (due mesi oltre l’attuale scadenza dello stato di emergenza), l’obbligo vaccinale per tutti gli italiani e gli stranieri residenti in Italia over 50.
I lavoratori pubblici e privati, a partire dal 15 febbraio, dovranno esibire il green pass rafforzato per accedere al luogo di lavoro. La scelta di introdurre l’obbligo di vaccinazione perlomeno per il cluster di chi ha compiuto 50 anni di età, ha il comprensibile obiettivo di intercettare una consistente parte della popolazione che non ha contratto l’infezione o che non ha ancora avviato il ciclo vaccinale.
Secondo i dati sull’avanzamento della vaccinazione emergere, infatti, che i soggetti che non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino contano, nella fascia di età ricompresa tra gli over 50 e under 60 anni oltre un milione di persone; nel range tra i 60 e 69 anni oltre 650mila individui; nella fascia 70-79 circa 400mila e tra gli over 80, infine, oltre 185mila. I “resistenti al vaccino” over 50 alimentano, pertanto, una platea piuttosto consistente e che complessivamente supera due milioni di persone.

Le nuove regole: durata, sanzioni e limiti della norma sull’obbligo vaccinale

 

Il super green pass compie un passo avanti nel mondo del lavoro: dal 15 febbraio tutti i lavoratori over 50, indipendentemente dal settore in cui operano e dalla tipologia di attività che svolgono, dovranno possedere il super green pass per accedere al proprio luogo di lavoro.
Non sarà più sufficiente per poter espletare il proprio lavoro, quindi, il tampone, molecolare o antigenico che sia. L'obbligo vaccinale, senza limiti d'età, è stato esteso al personale universitario che viene equiparato, quindi, a quello scolastico, per il quale l'obbligo di immunizzarsi era scattato già lo scorso 15 dicembre.
La nuova normativa ricalca, con qualche eccezione, quella in vigore dallo scorso 15 ottobre e pertanto chi non possiederà il super green pass o ne risulterà privo al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, dal 15 febbraio, verrà considerato assente ingiustificato.
Palazzo Chigi ha chiarito che è d’obbligo vaccinarsi entro il primo febbraio; la dead line è stata stabilita partendo dal presupposto che devono trascorrere almeno 15 giorni dal momento in cui è stata somministrata la prima dose per immunizzarsi.
I lavoratori privi di green pass, dopo cinque giorni di assenza ingiustificata, potranno essere sospesi per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al 31 marzo 2022, senza retribuzione e, secondo il novato articolo 4 – quinquies, "per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato” potranno essere sostituiti “ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore” e “con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso".
La bozza del testo del decreto legge specifica che i lavoratori fragili che hanno compiuto 50anni che non possono sottoporsi a vaccinazione per motivi di salute accertati e documentati potranno essere adibiti “a mansioni diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio”.
La sanzione amministrativa, per le eventuali violazioni, è stata fissata nel pagamento di una somma compresa tra i 600 e i 1.500 euro. Il personale delegato al controllo dei dipendenti, che non ottempera a questa funzione, rischia, invece, una multa che va dai 400 a 1.000 euro.
Analoghe sanzioni anche per i clienti di esercizi commerciali, bar e ristoranti e luoghi dello spettacolo, sorpresi senza green pass. I locali pubblici che non effettueranno i dovuti controlli sul possesso della certificazione rafforzata dopo tre sanzioni potranno incorrere nella chiusura fino a 10 giorni della propria attività imprenditoriale.
L’obbligo di vaccinazione non riguarda soltanto i soggetti attivi nel mondo del lavoro: l’art. 1 del decreto afferma che "Al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, di cui all'articolo 3-ter, si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell'Unione europea residenti nel territorio dello Stato, nonché ai cittadini stranieri, che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età".
Il comma 2 dell’art. 1 della bozza del decreto legge precisa che l’obbligo “non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore”; in queste ipotesi la vaccinazione potrà essere omessa o differita.
Gli over 50 che non svolgono, pertanto, alcuna attività lavorativa e si rifiutano di sottoporsi al ciclo vaccinale potranno essere fermati da qualsiasi agente di pubblica sicurezza rischiando una multa di 100 euro una tantum e sarà irrogata dall'Agenzia delle Entrate, attraverso l'incrocio dei dati della popolazione residente con quelli risultanti nelle anagrafi vaccinali regionali o provinciali.

Smart working: il lavoro agile viene incoraggiato, ma in una circolare

 

Nessun articolo è dedicato, nel decreto legge, allo smart working: il lavoro agile viene però caldamente incoraggiato con una circolare emanata il 5 gennaio, simultaneamente al varo del nuovo decreto, dai ministri della funzione pubblica e del lavoro.
La circolare abbandona tuttavia l’ipotesi di muovere verso il rinnovo delle regole emergenziali che, tra le altre cose incentivavano lo smaltimento delle ferie e dei permessi, decidendo di utilizzare l’impianto normativo delineato dal DM dell’8 ottobre e dalle successive linee guida concordate con sindacati ed enti territoriali.
L’Esecutivo ha deciso di sensibilizzare le amministrazioni pubbliche e private ad usare pienamente gli strumenti di flessibilità già previsti e contenuti nelle varie discipline di settore. Le aziende private e pubbliche potranno, infatti, adottare protocolli e linee guida già emanati con l’obiettivo di organizzare lo smart working “coniugando la piena operatività dei servizi pubblici e delle attività economiche con la massima sicurezza dei lavoratori e degli utenti”.
La circolare sottolinea, appunto, che ogni amministrazione pubblica può programmare il lavoro agile “con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile con ampia flessibilità, anche modulandolo, come necessario in questo particolare momento, sulla base dell'andamento dei contagi, tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza indicata nelle linee guida potrà essere raggiunta anche nella media della programmazione plurimensile”.
Il testo prosegue affermando che “ciascuna amministrazione può equilibrare il rapporto lavoro in presenza/lavoro agile secondo le modalità organizzative più congeniali alla propria situazione” rimanendo libera di organizzare la propria attività” mantenendo però “invariati i servizi resi all’utenza” e tenendo conto sia dell’andamento epidemiologico, che di possibili assenze dal personale sul posto di lavoro dovute, ad esempio, al contingente obbligo di quarantena.
La circolare ricorda, inoltre, che le aziende possono avvalersi dei mobility manager aziendali per l’elaborazione dei Piani degli spostamenti casa-lavoro, “nonché per l'identificazione e la promozione di azioni di miglioramento complessivo dell'offerta di mobilità sul territorio di riferimento alla luce delle nuove fasce di ingresso e uscita dalle sedi di lavoro”.
Lo smart working nel pubblico impiego è attivabile solo mediante l’accordo individuale previsto dall’articolo 18 della legge n. 81/2017; strumento quest’ultimo sospeso, invece, per le imprese private fino al 31 marzo.
Nel corpo della circolare, per quanto concerne le imprese private, viene specificato che “la modalità di lavoro agile può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali” tra azienda e singolo dipendente e con notifica telematica e massiva al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Il lavoro agile prevede lo stesso trattamento economico garantito al lavoro in presenza; è del tutto evidente però che nelle giornate effettive di smart working, ovvero, svolte senza vincolo di orario, non è possibile riconoscere le indennità legate all’orario di lavoro come, ad esempio, lo straordinario. Nel caso del lavoro da remoto, che ha invece gli stessi vincoli orari del lavoro in presenza, sono ammessi anche tutti gli istituti collegati all’orario.
Importante sottolineare che lo smart working può essere regolarmente svolto anche durante la quarantena e che non può essere considerato un modo per aggirare l’obbligo vaccinale: vigono, per i lavoratori a distanza, le stesse disposizioni normative a cui sono sottoposti tutti gli altri lavoratori.
Il documento si conclude con l’esplicita raccomandazione a ricorrere al lavoro agile “per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o a modalità a distanza” e ricorda la necessità, da parte del datore di lavoro, di "garantire adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività” sia per quanto riguarda l’uso delle apparecchiature che la modulazione dei tempi di lavoro.

 

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