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Risponde di evasione fiscale il cliente che non ha vigilato sull’operato del commercialista

Marco Bargagli - Guardia di Finanza, esperto di fiscalità internazionale

 

Il contribuente, soggetto passivo d’imposta, ha l’onere di controllare l’operato del consulente fiscale: il mero conferimento dell’incarico professionale non lo solleva da responsabilità davanti al Fisco. Questo importante principio di diritto è stato sancito dalla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 35811 del 2021, ha tracciato le responsabilità del professionista che non presenta la dichiarazione dei redditi o, in altre circostanze, falsifica i modelli F24 utilizzati per il pagamento delle imposte dovute e gli oneri posti a carico del committente/cliente.

L’obbligazione tributaria grava sul soggetto passivo che deve adempiere a tutte le incombenze di natura tributaria, ivi compreso il pagamento delle imposte erariali. Non sempre, infatti, un comportamento omissivo tenuto da parte del consulente fiscale esonera il contribuente dalle sanzioni amministrative e penali tributarie previste dall’ordinamento giuridico.

Le norme che regolano il rapporto cliente-professionista

 

Il consulente fiscale cura, per conto del proprio cliente, una serie di adempimenti fiscali tra i quali la regolare istituzione, conservazione, aggiornamento della contabilità, la presentazione delle dichiarazioni dei redditi (ai fini IRES e IRAP), la dichiarazione IVA, le liquidazioni periodiche IVA, nonché svolge una vera e propria attività di consulenza tributaria che si realizza anche nel rilascio di articolati pareri in materia fiscale.
A titolo meramente esemplificativo, nell’ambito della propria attività, il professionista all’uopo incaricato svolge le seguenti attività:
- istituzione, tenuta e aggiornamento della contabilità;
- effettuazione delle liquidazioni periodiche ai fini IVA;
- predisposizione dei modelli F24 e relativi versamenti d’imposta;
- registrazione delle fatture attive e passive;
- redazione del bilancio di esercizio;
- predisposizione ed invio telematico della dichiarazione annuale dei redditi
- rilascio di pareri pro veritate, nell’ambito di una più articolata e complessa consulenza fiscale e legale;
- domiciliazione societaria;
- controllo di gestione (ivi compresa la razionalizzazione costi e l’efficienza dei processi aziendali c.d. lead time);
- consulenza bancaria e finanziaria.
A livello normativo, giova ricordare che il Codice civile contiene particolari disposizioni che regolano i rapporti tra cliente e consulente, rilevando la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato.
Anzitutto, l'oggetto dell'obbligazione di mezzi è una prestazione che deve rispondere al criterio della diligenza previsto dall'art. 1176 c.c. Quindi non viene richiesto il raggiungimento di un determinato risultato da parte del professionista.
Tuttavia, nell'adempimento dell'obbligazione che deriva dall’affidamento dell’incarico, il consulente deve usare la massima diligenza curando tutti gli adempimenti previsti dall’ordinamento giuridico a carico del proprio assistito.
Di contro, le obbligazioni di risultato vengono regolamentate dall’art. 1218 c.c. In tale seconda ipotesi il consulente fiscale, nello svolgimento della sua attività lavorativa, effettua una prestazione che è necessariamente vincolata al raggiungimento di un determinato risultato, che costituisce inderogabilmente l'oggetto dell'obbligazione.
Tale distinzione assume rilevanza dirimente anche ai fini della individuazione della responsabilità professionale e, segnatamente, sul riparto dell'onere della prova (cliente - professionista) che attesta l'esatto adempimento dell’incarico professionale.
Infatti, relativamente alla prova dell'inadempimento da parte del professionista:
- nelle obbligazioni di mezzi, il creditore (rectius il cliente) deve dimostrare che il professionista non ha utilizzato la diligenza ex art. 1176 c.c.;
- nelle obbligazioni di risultato, una volta esibito il contratto o l’incarico conferito al professionista, sarà il consulente fiscale che dovrà dimostrare che il risultato è stato raggiunto, ovvero non conseguito, per causa a lui non imputabile in linea con i canoni previsti dall’art. 1218 c.c.
Infine, esiste una clausola di limitazione della responsabilità ex art. 2236 c.c., nella particolare ipotesi in cui la prestazione a carico del professionista comporta la soluzione di problemi tecnici di particolare complessità (quando, ad esempio, deve essere applicata una normativa nuova e complessa oppure non sono disponibili istruzioni e chiarimenti diramati da parte dell’Amministrazione finanziaria).
In tale circostanza, il professionista non risponde del risarcimento del danno nei confronti del cliente, se quest’ultimo non dimostra che il consulente ha agito con dolo o con colpa grave.

Responsabilità del professionista: i precedenti giurisprudenziali

 

Illustriamo, di seguito, alcune sentenze emesse dalla Corte di cassazione in tema di responsabilità del professionista nei rapporti con il proprio cliente.
Corte di Cassazione, sentenza n. 39873/2013
Risponde di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (sanzionata dall’art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) il commercialista che contabilizza nelle dichiarazioni dei redditi del proprio cliente, fatture o documenti che ben sapeva essere false.
In merito, la prova della commissione del delitto era stata ravvisata nella circostanza che il ruolo di mere “cartiere” delle società emittenti le “fatture false” era noto al professionista, poiché la sede sociale coincideva in un caso con il proprio ufficio e, in altro, con l’indirizzo di un amministratore nel frattempo deceduto.
Di conseguenza, un professionista minimamente “avveduto e diligente” avrebbe dovuto almeno sospettare del carattere fittizio delle fatture, in ragione della generica descrizione fornita rispetto a importi considerevoli esposti nel documento fiscale.
Corte di Cassazione, sentenza n. 17418/2016
Risponde di concorso nel reato di emissione di fatture false il professionista che suggerisce a propri clienti di utilizzare tali documenti per abbattere il carico fiscale.
Nel caso esaminato dagli ermellini, il professionista incaricato di curare la contabilità di varie aziende era stato accusato di concorso nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, per aver “suggerito” a due dei propri clienti la possibilità di inserire dei costi al fine di ridurre il carico fiscale.
Quindi, può essere individuato concorso nel reato di frode fiscale nei confronti di coloro che, pur essendo estranei e non rivestendo cariche nella società emittente le fatture per operazioni inesistenti, abbiano comunque partecipato al meccanismo fraudolento che ha consentito alle imprese di utilizzare documenti conseguendo un indebito risparmio di imposta.
Corte di Cassazione, sentenza n. 25112/2017
Nell'accertamento del nesso causale in materia di responsabilità civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del “più probabile che non”, a differenza che nel processo penale, ove vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”.
Tale criterio va tenuto fermo anche nei casi di responsabilità professionale per condotta omissiva: il giudice, accertata l'omissione di un'attività invece dovuta in base alle regole della professione praticata, nonché l'esistenza di un danno che probabilmente ne e la conseguenza, può ritenere, in assenza di fattori alternativi, che tale omissione abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno.

L’ultima decisione della Cassazione

 

Ulteriori interessanti spunti ermeneutici forniti dalla giurisprudenza di legittimità, sono rinvenibili nell’ordinanza n. 35811 del 22 novembre 2021, nella quale la Corte ha delineato i profili di responsabilità del consulente fiscale, ivi compresi gli obblighi di vigilanza del suo operato da parte del cliente.
Sulla base di un consolidato orientamento espresso in apicibus da parte degli ermellini, vige il principio per cui, ove si avvalga dell'opera di un professionista per la presentazione della dichiarazione, dalla quale risultino violazioni delle disposizioni tributarie, il contribuente ha l’onere di provare la propria assenza di colpa (cfr. ex multis Corte di Cassazione, sentenza 17 marzo 2017, n. 6930).
Di conseguenza, il cliente è chiamato a rispondere per l'illecito (nel caso esaminato dalla suprema Corte per “compensazione fraudolenta”) commesso dal professionista incaricato, ove non dimostri di aver vigilato sullo stesso, nonché sul comportamento fraudolento dal medesimo tenuto, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento, mediante la falsificazione di modelli F24 ovvero di altre modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante.
In definitiva:
- la mancata sottoscrizione dei modelli F24 non risulta idonea, di per sé, ad escludere la responsabilità della contribuente, occorrendo piuttosto verificare se e come il contribuente (mandante) ha operato in concreto la vigilanza sul professionista incaricato;
- le disposizioni previste dall’ordinamento giuridico a tutela degli obblighi tributari, incentivano l'obbligo di controllo e vigilanza che grava sul delegante, dandogli la possibilità di effettuare dei controlli mirati alla scadenza di ogni adempimento demandato al professionista.
Sulla base del folto panorama giurisprudenziale di riferimento, possiamo concludere che il soggetto passivo d’imposta, sul quale grava l’obbligazione tributaria, deve sempre controllare l’operato del proprio consulente fiscale. Infatti, un eventuale comportamento omissivo tenuto da parte del professionista non esonera il contribuente dalle sanzioni amministrative e penali tributarie previste dall’ordinamento giuridico.

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